mercoledì 4 giugno 2008

Tieni a mente Tian An Men

“Sono il vento, sono libero come il vento”. - Litfiba

"Abbasso la rivoluzione, viva la democrazia, viva la Cina".
Erano le voci potenti e quasi festanti degli studenti cinesi ad urlare al cielo di Pechino la voglia di libertà e l’auspicio del riconoscimento legittimo di diritti di base come quello di poter parlare.
Le bandiere rosse sventolavano di fianco alle tende in piazza Tian An Men, non solo a simbolo di nazionalità ed appartenenza, ma anche a secolare vessillo di buona speranza. Quelle bandiere rosse scivolavano nei tenui soffi di vento fin dalla fine di aprile del 1989; poi per tutto maggio; dopo ventun’anni dal '68 un nuovo maggio; le stesse ragioni, la stessa rabbia, le stesse convinzioni. A Tian An Men, centro del mondo, si costituì una nuova statua della libertà, chiamata Dea della democrazia. Proprio così; una statua della libertà in Cina; le mani sapienti degli studenti stanchi ed euforici l’avevano innalzata per dare un corpo alle loro parole: "Abbasso la rivoluzione, viva la democrazia, viva la Cina". Intanto nelle stanze segrete della Repubblica Popolare si doveva prendere una decisione: “gli studenti non stanno facendo niente di male a parte infangare il nostro operato accusando i nostri funzionari di corruzione e noi stessi di essere ottusi davanti al progresso democratico; però cantano e urlano soltanto; non usano altri mezzi”. Allora che fare? Come reagire? E mentre gli studenti, appoggiati pure dagli operai, continuavano a dare una forma più pacifica possibile al loro dissentire, il 20 maggio, entrava in vigore la pena capitale. Forse ai vertici della Repubblica Popolare finalmente si era presa la decisione; forse si doveva regolarizzare e legalizzare la repressione che, dopo pochi giorni, si sarebbe presa con convinzione la sua bella pagina di storia. Eppure nel frattempo, in Polonia, Cecoslovacchia e Bulgaria i regimi comunisti stavano barcollando, e di lì a poco più di cinque mesi sarebbe crollato un muro. In Cina invece democrazia era solo una parola con un certo carico di rischio e il mezzo per ristabilire le cose era tutt’altro. Ordine e disciplina…ordine e disciplina!

E nella notte tra il 3 e il 4 giugno (le 0.30 a Pechino, le 17.30 a Roma) i carri armati cinesi spararono sulla folla. Decine di migliaia di morti. Decine di migliaia di voci messe per sempre a tacere. Ancora oggi però le stime dei morti variano. Il governo cinese parlò inizialmente di 200 civili e 100 soldati morti, la CIA stimò invece 400-800 vittime, la Croce Rossa riferì 2600 morti e 30.000 ferit, le stime più alte parlarono di 7.000-12.000 morti. Organizzazioni non governative come Amnesty International hanno denunciato che, ai morti per l'intervento, vanno aggiunti i giustiziati per "ribellione", "incendio di veicoli militari", ferimento o uccisione di soldati e reati simili. Amnesty International ha stimato che il loro numero è superiore a 400.

E quei gesti simbolici di quei gironi? Che fine aveva fatto quella statua della libertà? E il ragazzo dei carri armati? Quel rivoltoso sconosciuto dov'era finito? Un fotografo americano che alloggiava in un albergo che dava sulla piazza si era anche lamentato di quel ragazzino con in mano le buste della spesa che si era messo davanti ai carri armati e gli stava rovinando l’inquadratura. Poi, quell’immagine sarebbe diventata l’ultimo baluardo della rivolta e il simbolo stesso dell’incapacità di un regime di far fronte alla non violenza di un popolo.
Inoltre numerosi artisti italiani e stranieri, con le loro canzoni, si sono ispirati ai fatti di quel 4 giugno, tra cui i Nomadi con la canzone "Uno come noi", i Pooh, Claudio Baglioni, i Litfiba con "Il vento", i CCCP e la loro "Tian an men", band heavy-metal come Slayer e Sepultura e gli armeni, da sempre impegnati nella vita politica, System of a Down con "Hypnotize".
E anche noi, nel nostro piccolo in questo post, vogliamo ricordare questa giornata, vogliamo tenere a mente piazza Tien An Men e i suoi massacri, quelle voci che suggerivano libertà, il coraggio di quel piccolo grande uomo fermo lì davanti alla fila di carri armati che oggi, forse, è nel vento a riprendersi l’immensità di quella piazza, a richiamare attorno a sé la libertà che qualcuno gli aveva tolto!!! Vogliamo ricordarlo così!!!

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